Dalla ruzzola alle carte: i giochi della tradizione laziale

18/08/2025
Attualità
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In un’epoca in cui il tempo libero era scandito dai ritmi agricoli e dalla socialità di piazza, il gioco rappresentava una componente essenziale della cultura popolare. Nel Lazio, regione ricca di borghi e tradizioni contadine, si è sviluppata nei secoli una varietà di giochi tramandati oralmente e praticati ancora oggi in alcune feste patronali o sagre locali. Una serie di passatempi che per molti potrebbero sembrare persino antiquati, ma che in realtà raccontano un’identità collettiva fatta di cultura, che alimenta il senso della comunità.

La ruzzola: un disco tra le colline

Tra i giochi più antichi e spettacolari figurava la ruzzola, praticata già in epoca romana e diffusa nelle campagne laziali, in particolare nelle province di Rieti e Viterbo. Si trattava di un passatempo molto popolare anche in altre zone d’Italia, non a caso la ruzzola fa parte anche del folklore modenese. Si giocava con un disco di legno (o una forma di formaggio stagionato nelle versioni più rustiche), che veniva lanciata lungo strade sterrate o pendii, dopo essere stato avvolto da una corda che imprimeva forza e direzione. A vincere era chi percorreva la distanza più lunga con il minor numero di lanci. La ruzzola era tradizionalmente giocata in primavera, durante la pausa tra i cicli agricoli.

Bocce e morra: il duello di mani e mira

Le bocce, così come la morra, sono ancora oggi tra i giochi più iconici del centro Italia. Le bocce richiedono precisione, strategia e una buona dose di pazienza: anticamente le sfide si disputavano in campi di terra battuta ricavati nei vicoli o nei pressi delle osterie. La morra, invece, è un gioco di prontezza e calcolo, che prevede che 2 giocatori urlino simultaneamente un numero da 1 a 10 mentre mostrano le dita. Chi indovina la somma totale si aggiudica un punto. La pratica della morra era talmente radicata che già nel Medioevo veniva vietata durante le messe per evitare disordini nei pressi delle chiese.

Giochi con le monete: abilità e fortuna

Nel Lazio rurale non mancavano i giochi con le monete, in cui i partecipanti cercavano di far aderire la moneta appena lanciata il più vicino possibile a un bersaglio. Questi giochi si svolgevano soprattutto nei mercati e durante le fiere, mischiando abilità, fortuna e – spesso – piccole scommesse tra i bambini. Non di rado chi vinceva aveva diritto a conquistare le monete degli altri. Un altro gioco piuttosto diffuso voleva che si lanciasse un paio di monete in alto, scommettendo sulla faccia che avrebbero esibito una volta cadute al suolo. C’era però chi circolava con “er bello”, una moneta appositamente truccata con la stessa faccia su fronte e retro.

Giochi di carte: tra caso e fortuna

Le carte sono da sempre il passatempo per eccellenza nei bar di paese, specialmente quando si ha a che fare con i mazzi regionali. Briscola, scopa e tressette uniscono oggi diverse generazioni intorno a un tavolino, creando un clima di complicità e rivalità. L’aspetto interessante è che questi giochi, pur essendo di abilità, richiedono ovviamente anche una buona dose di fortuna. Un po’ come accade nei moderni giochi digitali alla stregua della roulette o delle slot come Gates of Olympus, la casualità regna sulla strategia. Tuttavia, sapere leggere le mosse dell’avversario può rappresentare un vantaggio significativo, seppur non sempre decisivo.

Il salto della cavallina e la canofiena

Tra i giochi di movimento, il salto della cavallina era tipico dei bambini delle borgate romane, soprattutto negli anni ’50 e ’60, e consisteva in una serie di salti acrobatici a turno. Ogni saltatore poggiava le mani sulle spalle di ciascuno degli altri ragazzini, per poi posizionarsi in testa alla fila e prepararsi ad essere a sua volta scavalcato dagli altri. Molto comuni erano anche giochi come la canofiena, particolarmente in voga tra le donne, che consisteva in una sorta di altalena. Una tavola di legno veniva tenuta da una robusta corda che passava a doppia mandata sotto i due capi della stessa.

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